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ATTACCHI DI PANICO

Edvard Munch

Mara, il nome è inventato ma la storia clinica è vera, di 30 anni,  sposata da 9, con un figlio di 5 anni, richiese una psicoterapia per un continuo stato d'ansia.
Il primo attacco di panico, avvenuto circa dieci anni prima, si manifestò con: "una sensazione di soffocamento, cuore che batte all'impazzata, il tremore delle gambe che ballano, il freddo che la assale anche sotto molte coperte, la paura di morire". Da allora la paura diviene parte di Mara. Si tratta  della paura che possa verificarsi di nuovo ciò che è accaduto, della paura di provare paura.

In questi dieci anni è stata curata farmacologicamente (Laroxyl) da uno psichiatra.

Mara dice che i farmaci la intorpidiscono ma non la guariscono. Ha letto e riconosciuto su una rivista i suoi sintomi e, sorpresa, ha detto: "Ecco cosa ho! Ho l'attacco di panico!"
Ha fatto da sola la diagnosi ed è l'inviante di se stessa.

Altri sintomi: depressione, voglia di star sola, insofferenza verso il figlio ed il marito.

"Come posso spiegare a mio marito, col quale di solito vado d'accordissimo, che quando sto male ho bisogno di stare sola?"
Mara è una giovane ben curata, appare impaurita e preoccupata, controlla il tempo della seduta all'inizio (dichiara di essere in anticipo come è sua consuetudine e di tutta la sua famiglia di origine) e alla fine (mi ricorda che l'orario è scaduto), parla velocemente e con ritmo discontinuo.

Per lei ha una enorme importanza rispondere in modo adeguato alle aspettative degli altri nei suoi confronti. E' abituata ad esercitare un forte controllo su tutto ciò che la riguarda.

 

Che cosa si aspetta dalla terapia?

Sul piano cognitivo, domanda se può farcela, teme la malattia come una tara  ereditaria. Si domanda se anche lei, come sua madre,  morirà di esaurimento.

Sul piano emotivo, sperimenta un forte senso di prostrazione, caratterizzato dall'emozione di tristezza per la perdita della propria efficacia e dal senso di colpa verso il marito ed il figlio nei confronti dei quali prova spesso insofferenza.

Le regole familiari sono rigide e coercitive per Mara che si descrive più intransigente del marito anche sul piano educativo.

Teme di fare del male a Dario e di non essere amata da lui e pare stupirsi del fatto che il figlio abbia bisogno di lei, inoltre teme di poter perdere l'affetto del marito.

Sul piano comportamentale Mara sembra accudire il marito, il figlio ("faccio tutto io in casa") ma non può fare richieste, non deve disturbare. Si accentua l'isolamento sociale e cresce il bisogno di stare sola ed in silenzio.

Mara mi chiede di poter stare bene nella sua famiglia.

Propongo una terapia individuale con incontri settimanali per una durata di circa due anni e le prospetto l'ipotesi di far partecipare, eventualmente, altri familiari.

Nel corso della terapia, Mara si esprime con maggiore fluidità, la sua storia si apre con l'andamento di una narrazione che si ascolta con piacere.

Attraverso l'analisi dei diversi contesti di apprendimento si svolge la trama di questa terapia che, inizia come terapia sistemica individuale per includere poi la coppia ed allargarsi infine alla famiglia estesa.

Mara programma nuovi obiettivi: deve affrontare una operazione ai piedi ed ha una grande paura dell'anestesia cui dovrà sottoporsi.

I nostri ultimi incontri sono preparatori a questo evento ed includono altri e più significativi progetti per il futuro, come una seconda gravidanza.

La terapia termina nel mese di maggio del '99 ed, essendo iniziata nel novembre del '97,dura complessivamente un anno e mezzo.

Mara si dimostra sensibile alla relazione e durante i primi dieci mesi di terapia, appare in netto miglioramento rispetto al sintomo (non ha più avuto attacchi di panico). Rispetto alla richiesta iniziale (stare bene nella propria famiglia) sembra soddisfatta. La comunicazione col marito è migliorata e così anche il piacere di stare con il figlio.

Disturbi d'ansia

Attacchi di panico

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