ATTACCHI DI
PANICO
Mara,
il nome è inventato ma la storia clinica
è vera, di 30 anni, sposata da 9,
con un figlio di 5 anni, richiese una
psicoterapia per un continuo stato
d'ansia.
Il primo attacco di panico, avvenuto
circa dieci anni prima, si manifestò
con: "una sensazione di soffocamento,
cuore che batte all'impazzata, il
tremore delle gambe che ballano, il
freddo che la assale anche sotto molte
coperte, la paura di morire". Da allora
la paura diviene parte di Mara. Si
tratta della paura che possa
verificarsi di nuovo ciò che è accaduto,
della paura di provare paura.
In
questi dieci anni è stata curata
farmacologicamente (Laroxyl) da uno
psichiatra.
Mara dice che i farmaci la
intorpidiscono ma non la guariscono. Ha
letto e riconosciuto su una rivista i
suoi sintomi e, sorpresa, ha detto:
"Ecco cosa ho! Ho l'attacco di panico!"
Ha fatto da sola la diagnosi ed è
l'inviante di se stessa.
Altri sintomi: depressione,
voglia di star sola, insofferenza verso
il figlio ed il marito.
"Come posso spiegare a mio marito, col
quale di solito vado d'accordissimo, che
quando sto male ho bisogno di stare
sola?"
Mara è una giovane ben curata, appare
impaurita e preoccupata, controlla il
tempo della seduta all'inizio (dichiara
di essere in anticipo come è sua
consuetudine e di tutta la sua famiglia
di origine) e alla fine (mi ricorda che
l'orario è scaduto), parla velocemente e
con ritmo discontinuo.
Per lei ha una enorme importanza
rispondere in modo adeguato alle
aspettative degli altri nei suoi
confronti. E' abituata ad esercitare un
forte controllo su tutto ciò che la
riguarda.
Che
cosa si aspetta dalla terapia?
Sul piano cognitivo, domanda se può
farcela, teme la malattia come una
tara ereditaria. Si domanda se
anche lei, come sua madre, morirà
di esaurimento.
Sul
piano emotivo, sperimenta un forte senso
di prostrazione, caratterizzato
dall'emozione di tristezza per la
perdita della propria efficacia e dal
senso di colpa verso il marito ed il
figlio nei confronti dei quali prova
spesso insofferenza.
Le
regole familiari sono rigide e
coercitive per Mara che si descrive più
intransigente del marito anche sul piano
educativo.
Teme di fare del male a Dario e di non
essere amata da lui e pare stupirsi del
fatto che il figlio abbia bisogno di
lei, inoltre teme di poter perdere
l'affetto del marito.
Sul
piano comportamentale Mara sembra
accudire il marito, il figlio ("faccio
tutto io in casa") ma non può fare
richieste, non deve disturbare. Si
accentua l'isolamento sociale e cresce
il bisogno di stare sola ed in silenzio.
Mara
mi chiede di poter stare bene nella sua
famiglia.
Propongo una terapia individuale con
incontri settimanali per una durata di
circa due anni e le prospetto l'ipotesi
di far partecipare, eventualmente, altri
familiari.
Nel corso della terapia, Mara si esprime
con maggiore fluidità, la sua storia si
apre con l'andamento di una narrazione
che si ascolta con piacere.
Attraverso l'analisi dei diversi
contesti di apprendimento si svolge la
trama di questa terapia che, inizia come
terapia sistemica individuale per
includere poi la coppia ed allargarsi
infine alla famiglia estesa.
Mara programma nuovi obiettivi: deve
affrontare una operazione ai piedi ed ha
una grande paura dell'anestesia cui
dovrà sottoporsi.
I nostri ultimi incontri sono
preparatori a questo evento ed includono
altri e più significativi progetti per
il futuro, come una seconda gravidanza.
La terapia termina nel mese di maggio
del '99 ed, essendo iniziata nel
novembre del '97,dura complessivamente
un anno e mezzo.
Mara si dimostra sensibile alla
relazione e durante i primi dieci mesi
di terapia, appare in netto
miglioramento rispetto al sintomo (non
ha più avuto attacchi di panico).
Rispetto alla richiesta iniziale (stare
bene nella propria famiglia) sembra
soddisfatta. La comunicazione col marito
è migliorata e così anche il piacere di
stare con il figlio.
Disturbi d'ansia
Attacchi di panico
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